Cohousing, perchè e per chi?

• Chi non ha mai voluto abitare in uno spazio più adeguato ai propri bisogni?
• Chi non ha mai immaginato uno spazio commisurato, ritagliato su di sé, capace al contempo di mettere ciascuno in relazione con gli altri?
• Chi non sarebbe contento di poter contribuire con le proprie idee e le proprie aspirazioni a realizzare un’idea di quartiere e di comunità?

Le risposte a queste poche domande potrebbero servire da punto di partenza per definire un diverso modo di abitare: il “cohousing”.

Non dobbiamo per forza soggiacere alle regole della produzione edilizia corrente e/o passata, tarata sui parametri usuali della proprietà privata e dell’individualità, l’approccio di questo nuovo modo di abitare non rincorre un sogno, ne è il frutto di una elaborata e complessa teoria, ma parte dal guardarsi attorno, dal mettersi in relazione con altre persone ugualmente determinate e motivate ad abitare in interventi residenziali frutto della partecipazione, dove all’autonomia dell’alloggio privato si aggiungono i vantaggi di spazi e risorse condivise.

Nulla di nuovo, ma sicuramente rivoluzionario se si pensa alla solitaria quotidianità del nostro abitare.

Coppie giovani con bambini, single con o senza figli, anziani, immigrati sono categorie sociali con forti necessità di socialità, condivisione, mutuo scambio ed aiuto.

A questi bisogni si affiancano le aspirazioni delle persone a vivere secondo i principi di equità, sostenibilità ambientale ed economica, conservazione delle risorse naturali, tutela e sviluppo dei beni comuni.

Il cohousing non è una teoria astratta, ma al contrario una buona pratica che si misura sempre con la realtà.